Non è solo questione di mancanza di cultura finanziaria....



Uno degli argomenti più frequentemente utilizzati quando nelle ultime settimane si è parlato di quanto è accaduto agli obbligazionisti subordinati di Banca Etruria è quello della scarsa cultura finanziaria degli italiani.

Un tema su cui  non si puo' che essere d'accordo, visti anche i dati che emergono da studi che mettono gli italiani a confronto con il resto d'Europa.

Ma è un tema che andrebbe affrontato in una chiave di medio periodo. Un minimo di formazione economica deve partire dalla scuola dell'obbligo e superiore e quindi taglia fuori tutti quelli che la scuola dell'obbligo e superiore la hanno già conclusa. Che è come dire : prima di vedere migliorare la qualità delle risposte ai questionari sulla formazione economica si tratta di aspettare anni, e non pochi.

E nel frattempo che si fa? 

Io partirei da un assunto : se gli investitori colpiti dalla crisi di Banca Etruria avessero avuto un portafoglio adeguatamente diversificato avrebbero sofferto molto meno. E questo è ovvio. Se poi la maggior parte del portafoglio fosse stata affidata a gestori professionali, magari fra loro diversificati, non è una assurdità pensare che le perdite sarebbero state ancora inferiori, se non altro perchè i prezzi di acquisto dei subordinati sarebbero stati presumibilmente diversi da quelli praticati agli investitori retail.

Ma invece così non è stato: si è arrivati, a quanto pare, anche a portafogli di dimensioni relativamente piccole interamente investiti in subordinati.

Una eccezione rispetto a  come è distribuita la ricchezza ricchezza finanziaria delle famiglie oggi? 

Per farsi qualche idea in proposito partiamo da qualche dato interessante.Sono tutte tabelle che si  possono trovare sulla Indagine sui bilanci finanziari delle famiglie italiane 2014 (https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/indagine-famiglie/bil-fam2014/suppl_64_15.pdf).

In primo luogo la ripartizione delle attività finanziarie per quinti di ricchezza netta.



Come si vede le famiglie che detengono la quota inferiore della ricchezza totale (che si può presumere siano meritevoli di maggior tutela) sono quelle che investono in misura minore in strumenti di risparmio gestito e in percentuale pari agli investimenti diretti in obbligazioni (per il quinto a ricchezza più elevata il peso del gestito è pari a più di un quarto del totale mentre l'investimento diretto in obbligazioni è pari ad un decimo del totale).

In secondo luogo la ripartizione delle attività finanziarie per titolo di studio del capofamiglia.


Anche qui, seppur da una angolazione diversa, il risultato è simile. Al crescere del titolo di studio aumenta la quota dei prodotti gestiti ( si triplica) mentre rimane sostanzialmente invariata  la quota delle obbligazioni private. Qui emerge ancor più chiaramente come ci sia una necessità di riequilibrio a favore del risparmio gestito e contemporaneamente di un aumento dell'indice di diversificazione soprattutto per gli investitori con un (presumibile) minor grado di cultura finanziaria.

Infine qualche dato estratto da uno studio di KPMG relativo alla distribuzione dei prodotti di risparmio gestito : (https://www.kpmg.com/IT/it/IssuesAndInsights/Documents/RisparmiogestitoinItaliatrendedevoluzionedeimodellidibusiness.pdf)



Insomma prima di gettare la croce addosso agli investitori avidi ma ignoranti ci penserei un pochino...

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