Draghi e sostanze infiammabili

Il prezzo del petrolio ha un ruolo cruciale nella formazione dell'inflazione, anche in Eurolandia.

Negli ultimi tempi tutti e due i motori dell'inflazione (quello che traina, la domanda; e quello che spinge, i costi) si sono inceppati.

I prezzi al consumo possono essere trainati dalla domanda (e questa langue , soprattutto quella interna) o spinti dai costi (e qui entra in gioco il prezzo dell'energia, petrolio in testa).

Ed eccoci qua con l'inflazione allo 0,3% lontanissima dall'obbiettivo del 2% della BCE e pericolosamente vicina al territorio negativo, il vero incubo di ogni banchiere centrale.


Un ruolo importante nella discesa del prezzo del petrolio è giocato dalla produzione di Shale Gas statunitense. Un elemento che ha cambiato la struttura geografica della domanda/offerta di greggio a livello mondiale.

Parte dell'effetto dipende non solo dalla produzione attuale, ma anche dalle stime sulla produzione futura. Con il crollo dei prezzi del petrolio nel 2014 e i primi segni di rialzo dei tassi negli Stati Uniti già però alcuni si domandano quanti dei produttori di shale gas attualmente operativi, spesso indebitati, non verranno spiazzati, riducendo quindi le prospettive di produzione futura.

E ora c'è anche chi ritiene che le stime più accreditate sulla produzione futura delle 4 grandi zone di estrazione USA, sottoposte ad una verifica più granulare, siano sbagliate per eccesso ; e di molto.

Un recente articolo su Nature è interessante e riporta questa bella infografica :


Anche le prospettive del prezzo del petrolio potrebbero essere ben diverse da quelle degli ultimi mesi.

Oggi il primo timore di Draghi è il graduale scivolamento di eurolandia in deflazione.

Ma se in futuro tutti e due i motori dell'inflazione si dovessero rimettere in funzione  contemporaneamente? 

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